I pazienti affetti da tumore a cellule di Merkel possono essere classificati in modo del tutto riassuntivo in 3 gruppi diversi, ciascuno dei quali rappresenta uno stadio della malattia:
Nello stadio I, il trattamento di scelta è quello chirurgico, rappresentato da un'ampia escissione della lesione primitiva con margini di sezione di almeno 3 cm; la dissezione dei linfonodi regionali non è obbligatoria in assenza di una specifica obiettività. Alla escissione chirurgica può fare seguito il trattamento radiante il cui campo dovrà comprendere anche la più vicina stazione di drenaggio linfatico . L'adozione di questo provvedimento è d'obbligo nel II stadio.
Nello stadio I, il trattamento di scelta è quello chirurgico, rappresentato da un'ampia escissione della lesione primitiva con margini di sezione di almeno 3 cm; la dissezione dei linfonodi regionali non è obbligatoria in assenza di una specifica obiettività. Alla escissione chirurgica può fare seguito il trattamento radiante il cui campo dovrà comprendere anche la più vicina stazione di drenaggio linfatico . L'adozione di questo provvedimento è d'obbligo nel II stadio.
L'associazione chirurgia/radioterapia consente una sopravvivenza a 5 anni nel 38-50% dei casi, con un controllo locale della malattia nel 73% dei casi. La ricerca del linfonodo sentinella con metodica radioimmunoguidata (SLND) è di aiuto per distinguere fra una malattia al I o al II stadio.
La radioterapia come trattamento primario è invece necessaria nel caso di tumori localmente avanzati o con invasione di strutture critiche non resecabili.
La recidiva locale può essere cutanea (23-60%) o a carico dei linfonodi regionali (40-73%). In questi casi può essere suggerita l'asportazione chirurgica della recidiva integrata a regimi radioterapeutici più sostenuti, con una sopravvivenza approssimativa nel 60% dei casi e un intervallo libero da 3 a 30 mesi (media di 8 mesi).
In altri casi sono riportate remissioni occasionali con intervalli liberi relativamente lunghi, ma aneddotici, con l'uso di infiltrazione locale di interferone α-2b (IFNα-2b) o di tumor necrosis factor (TNF) o con ipertermia associata a basse dosi di radioterapia.
Il III stadio della malattia è caratterizzato dalla presenza di metastasi che possono interessare prevalentemente fegato, polmoni, scheletro e cute. In questo stadio entra in gioco il trattamento chemioterapico che vanta un'ampia varietà di molecole utilizzate sia in monoterapia che in combinazione. Fra le molecole più attive quelle utilizzate per le neoplasie a piccole cellule (cisplatino, etoposide e adriamicina in differente combinazione).
La risposta obiettiva nei pazienti metastatici tende ad essere sorprendente nelle prime fasi del trattamento (61%), decrescendo progressivamente dopo una seconda (45%) e una terza linea chemioterapia (20%), con una durata molto breve, da 3.5 a 12 mesi. L'associazione sequenziale di radioterapia ha mostrato in qualche caso risultati interessanti ma non definitivi.
Allo stato attuale delle conoscenze, la corretta strategia terapeutica del tumore a cellule di Merkel consiste nella radicale, aggressiva e precoce asportazione della neoplasia al suo stadio iniziale, allo scopo di ridurre la percentuale di recidive a distanza e di migliorare la sopravvivenza. Ciò è affidato principalmente alla chirurgia e alla radioterapia sequenziale, come pure confermato dalle nostre osservazioni. Il trattamento della malattia avanzata è invece affidato ai chemioterapici con i limiti di una eccessiva tossicità, di brevi periodi di remissione e di uno scarso impatto sulla sopravvivenza.
In tempi recenti sono stati sintetizzati nuovi anticorpi monoclonali immunoterapici indicati come inibitori del check point, il cui capostipite è avelumab, con significative risposte nel paziente metastatico.